Cortese
di G. Dalmasso, G. Dell'Olio e P. Ricci
da "Cortese", in Principali vitigni da vino coltivati in Italia - Volume I, Ministero dell'Agricoltura e delle Foreste, 1960

Sinonimi (ed eventuali errati)

Il "Cortese bianco" non ha sinonimi (se si trascura il nome dialettale di "Courteisa" o "Courteis"). Ricordiamo, senza darvi troppa importanza, che l'Acerbi fra i vitigni del territorio di Valenza citava un "Curteis nero", e che il di Rovasenda avvertiva nel "Saggio" che "sotto questo nome aveva ricevuto il Dolcetto", cosa che ripetè il Pulliat, che probabilmente l'ebbe dal di Rovasenda. Lo stesso di Rovasenda ricordava che nelle Puglie (Barletta) si coltivava "un'uva detta Cortese nero, simile al Negro dolce". Evidentemente, trattasi di omonimie, ma di vitigni che nulla han che fare col nostro. Il primo autore che nomina questo vitigno è il conte Nuvolone nel 1799, nella sua memoria sulla coltivazione della vite e sul modo migliore di fare i vini (in Piemonte). Fra le uve bianche egli cita il "Corteis" che "dà grappoli alquanto lunghetti, acini piuttosto grossi, quando l'uva è matura diviene gialla, ed è buona da mangiare e si conserva". In ordine cronologico segue il noto "Catalogo" del marchese Incisa (1852) nel quale si legge: "Cortese dell'Astigiano. - Grappoli guarniti di acini rotondi, bianchi ambrati, abbrustoliti dalla parte opposta al sole. Degna di servire d'ornamento in tavola, e utile per i vini da bottiglia, Moscato, Malvasia, ecc.". Terza viene la bella monografia di Demaria e Leardi (1875), sulla quale ritorneremo. Oltre alla breve descrizione del Pulliat (loc. cit.), possiamo ricordare che anche il Mendola lo citò nel suo pregevole "Catalogo" (1868), avendolo avuto dall'Incisa. Nell'attuale secolo lo troviamo ricordato nella grande "Ampélographie" di Viala e Vermorel, dove però è solo riportata in sintesi la succitata descrizione del Pulliat. Infine, esso figura nel 2° volume delle "Uve da vino" del Marzotto, nel quale tuttavia è solo rimasta la monografia di Demaria e Leardi, facendo però notare che secondo questi autori la foglia ha la pagina inferiore leggermente pelosa, mentre il Pulliat parla di un "duvet pileux". è pure brevemente descritto dal Cavazza nel suo trattato di viticoltura, fra i cento più importanti vitigni italiani. Stupisce invece di non vederlo neppure nominato nell'"Ampelografia" del Molon, il cui autore aveva pure così diligentemente compulsate tutte le opere del secolo scorso in cui erano più o meno illustrati tutti i vitigni coltivati in Italia.

Descrizione Ampelografica

La descrizione è stata fatta su d'un clone di "Cortese" situato in comune di Gavi (Alessandria), e i dati vennero controllati su altro clone coltivato in comune di Melazzo, e con altri delle Provincie di Alessandria e Asti.

Germoglio di 10-20 cm

Figura 1: Apice di Cortese.

Apice: medio, lanugginoso, verde biancastro, con riflessi bronzei e sfumature carminate agli orli.

Foglioline apicali (dalla 1a alla 3a): spiegate, con leggero tomento aracnoideo, di color verde giallognolo chiaro, con sfumature rossastre, con l'apice dei dentelli color giallo dorato.

Foglioline basali (dalla 4a in poi):

Asse del germoglio: ricurvo. Nell'insieme il germoglio si presenta di color verde-chiaro, con riflessi bronzati più accentuati verso la punta.

Germoglio alla fioritura

Apice: espanso, lanugginoso, di color verde-biancastro (nel clone di Melazzo con sfumature carminate ai bordi).

Foglioline apicali: spiegate, cotonose (con tomento più fitto alla pagina inferiore); di colore verde biancastro chiaro.

Foglioline basali: spiegate, con tomento aracnoideo più fitto nella pagina inferiore; di color verde con riflessi giallo-dorati superiormente, più chiaro inferiormente.

Asse del germoglio: a pastorale.

Tralcio erbaceo: a sezione ellittica, con contorno un po' angoloso, con tomento aracnoideo diffuso, di color verde con striature vinose dalla parte del sole.

Viticci: bifidi o infidi, formula: 0-1-2-0-1-2-0...

Infiorescenza: lunga (18 a 24 cm).

Fiore: corolla verde-chiaro, giallognola verso l'apice, apertura normale (a cappuccio); stami da 5 a 6 (raramente 4); fiori morfologicamente normali, uniformi; autofertili.

Figura 2: Foglia di Cortese.

Foglia: di grandezza più che media, pentagonale, quinquelobata; seno peziolare chiuso, con bordi sovrapposti; seni laterali superiori chiusi, con bordi sovrapposti; seni inferiori a lira, chiusi; pagina superiore glabra, verde cupo, con nervature di color verde chiaro (talvolta con qualche sfumatura rosea al punto periolare); pagina inferiore con tomento aracnoideo molto rado; di color verde chiaro, con nervature dello stesso colore; lembo di medio spessore, un po' ondulato; denti irregolari, convessi da un lato e concavi dall'altro; a base larga, ben pronunciati.

Picciolo: di lunghezza media e di grossezza più che media, con tomento aracnoideo molto rado, di color verde chiaro con leggere sfumature vinose.

Colorazione autunnale delle foglie: verde giallo-oro.

Figura 3: Grappolo di Cortese.

Grappolo a maturità industriale: grandezza più che media, piuttosto spargolo; conico-piramidale, con una o due ali, lunghezza di circa 20-25 cm; peduncolo ben visibile, semi-legnoso (fino alla prima ramificazione); pedicelli di media lunghezza, di color verde-chiaro; cercine evidente, verde; pennello medio; di color giallo-dorato chiaro.

Acino: mèdio o più che medio, leggermente ellissoide, con sezione trasversale circolare; buccia di media consistenza, non molto pruinosa, di color giallo-dorato dalla parte del sole, verde-giallognolo nella parte all'ombra; ombelico persistente e prominente; polpa succosa, di sapore semplice, ma caratteristico, gradevole; separazione dell'acino dal pedicello facile.

Vinaccioli: da 2 a 4, piriformi, con becco sottile, di grandezza media.

Tralcio legnoso: robusto, ma un po' fragile, con sezione ellittica, un po' appiattita; superficie liscia, non pruinosa; corteccia bene aderente, di color grigio cinereo, punteggiato; internodi di lunghezza media (10-12 cm), nodi globosi; gemme coniche abbastanza sporgenti; cercine peziolare largo; diaframma piano, midollo piuttosto abbondante.

Fenologia

Condizioni d'osservazione: il clone studiato è in comune di Gavi, località Conti.

Ubicazione

Longitudine: 3° 39' E.

Latitudine: 44° 41'N.

Altitudine: 180-200 m s.l.m.

Esposizione: ovest; appezzamento: collinare, con 10-15 % di pendenza

Portinnesto: "Berlandieri" X "Riparia" Teleki 5 BB

Età: 6 anni

Sistema di allevamento: di media espansione, a filari (vigneto specializzato)

Forma di potatura: tipo Guyot

Terreno: di medio impasto, tendente all'argilloso

Fenomeni vegetativi

Germogliamento: medio (seconda metà di aprile)

Fioritura: media (verso la metà di giugno)

Invaiatura: media (verso la metà di agosto)

Maturazione dell'uva: di 2a epoca (verso la metà di settembre)

Caduta delle foglie: normale (prima quindicina di novembre)

Caratteristiche ed Attitudini colturali

Vigoria: notevole.

Produzione: normalmente abbondante e costante.

Posizione del primo germoglio fruttifero: 1a gemma.

Numero medio di infiorescenze per germoglio: 2.

Fertilità delle femminelle: saltuaria, trascurabile.

Resistenza ai parassiti ed altre avversità: normale per quelle parassitarie. Soffre relativamente meno di altri vitigni per la grandine e le gelate; però ama esposizioni soleggiate. L'uva non resiste molto alle piogge autunnali.

Comportamento rispetto alla moltiplicazione per innesto: buono; particolarmente preferiti i "Berlandieri" X "Riparia 320 A" e "Kober 5 BB", e la "Rupestris du Lot".

Utilizzazione

è soprattutto un vitigno per uva da vino; però i suoi grappoli, oltreché essere attraenti quando maturano in buone posizioni, sono anche gradevoli da mangiare (Demaria e Leardi qualificarono la sua uva "salubre come mangereccia". Anche il Cavazza la considerava come uva a doppio fine: da vino e da tavola).