Dolcetto
di G. Dalmasso, G. Dell'Olio e P. Ricco
da "Dolcetto", in Principali vitigni da vino coltivati in Italia - Volume II, Ministero dell'Agricoltura e delle Foreste, 1962

Sinonimi (ed eventuali errati)

Di questo ben noto vitigno piemontese si possono citare alcuni sinonimi, più o meno ancor oggi in uso. A parte quelli che non sono che deformazioni del suo vero nome - esempio: "Dolsin", "Dolsin raro", già ricordati fin dal 1825 dal conte Lorenzo De Gardenas nell'Acerbi, "Dosset", "Dolzino", "Dolzin", "Dolceto", o forse "Dolciut" in friulano - ricordiamo in particolare quello di "Ormeasca", tuttora usato in quella parte della Liguria che confina con la provincia di Cuneo (cioè col circondario di Ormea, donde il nome); "Uva d'Acqui" (o anche solo "Acqui"), usato talora sulle colline di S. Colombano (Milano), in Val Trebbia e Valle Scrivia; "Uva del Monferrato", usato talora nel Genovesato; "Bignona" e "Bignonina", in talune località dell'Alessandrino; e ancora "Uva di Ovada" e "Uva di Roccagrimalda" (attribuitogli in passato in alcune regioni dell'ex Regno Lombardo-Veneto). Ma, accanto a questi che si possono considerare vecchi sinonimi, in gran parte oggi dimenticati, dobbiamo ricordare dei "nome errati": a cominciare da quello, veramente strano, di "Nebbiolo", datogli già da tempo in quella parte della provincia di Alessandria che confina con la provincia di Pavia da un lato e di Genova dall'altro; nonché nella zona che sta a cavallo fra Lombardia, Piemonte ed Emilia; e quello di "Nebbiolone" datogli in qualche parte del Vogherese. E altri falsi sinonimi sono il "Douce noire", il "Corbeau", il "Cortese nero" (indicato da Viala e Vermorel nel Dizionario della loro "Ampélographie"); il "Dolcetto di Cumiana", il "Dolciame" (di Gubbio), il "Dolcino delle Marche", la "Dolcignola" della provincia di Cosenza. E sorvoliamo su altre già vecchie confusioni fra il "Dolcetto" e altri vitigni che nulla han che fare con esso, come il "Refosco" del Friuli (citato dal Goethe), il "Piede di Palumbo" o "Piedirosso" della Campania (per l'analogia nel colore del raspo, dei pedicelli e del cercine). A questo proposito, nella bella monografia che di quest'ultimo vitigno ci ha lasciato il prof. M. Cariucci (e che figura nella grande "Ampélographie" di Viala e Vermorel, si legge che il Gasparini, nelle sue memorie sulle viti e vigne del distretto di Napoli (1864), considerava il "Piede di Colombo" o "Piede di Palumbo" come sinonimo di "Dolcetto". E Pasquali nel suo "Manuale d'Arboricoltura" (Napoli, 1876), confermava tale opinione, dicendo che il "Dolcetto" del Gallesio è coltivato nei dintorni del Vesuvio. Ma il Carlucci, con validi argomenti, confutava tale erronea sinonimia. (Basta del resto osservare la tavola a colori del "Piedirosso" nella suddetta "Ampélographie" francese, ma soprattutto confrontare le rispettive magnifiche tavole a colori della nostra "Ampelografia italiana", per convincersene). Ricordiamo anche il Goethe considerava tra i sinonimi di "Dolcetto" il "Rothstieliger Dolcedo" e avvertiva che il Bronner riteneva anche che esistesse una sottovarietà a raspo verde ("grùnstielige Spielart"), che maturava più tardi di quella a raspo rosso ("rothstieliger"). Ma è lecito supporre che questi autori tedeschi alludessero al "Refosco" (che il Goethe, come s'è detto, considerava fra i sinonimi del "Dolcetto" o "Dolcetto nero"). Aggiungiamo che il Gallesio, nella sua "Pomona italiana" qualificò il "Dolcetto" Vitis aquaestatellanesis, dall'antico nome romano di Acqui. Avvertiamo ancora che, oltre al "Dolcetto nero" (che è il vero), si è sovente parlato d'un "Dolcetto bianco" (noi stessi ne abbiamo trovato, circa mezzo secolo fa, uno nei vigneti sui confini fra l'Astigiano e l'Albese). Uno lo descrissero Demaria e Leardi, coi sinonimi di "Nebbiolo bianco" nel Novese e Alessandrino; di "Ravanellino" nel Tortonese; altri sono descritti e citati nel "Bullettino Ampelografico" pel circondario di Bobbio (Piacenza) e per la provincia di Pavia, e anche per le colline di Torino (Pino). Noi però condividiamo l'opinione del di Rovasenda: che cioè non esiste un vitigno che possa considerarsi identico al "Dolcetto nero", tranne che nel colore dell'uva. Comunque, i suddetti "Dolcetti" bianchi non hanno oggi alcuna importanza.

Descrizione Ampelografica

La descrizione di questo vitigno è stata effettuata su d'un clone sito in comune di Strevi (Alessandria). I caratteri vennero poi confrontati e controllati nelle varie zone tipiche di coltura delle provincie di Alessandria e di Cuneo. Inizialmente s'erano posti allo studio due cloni: uno di "Dolcetto a raspo rosso", l'altro di "Dolcetto a raspo verde"; ma quest'ultimo poi venne abbandonato, allorché risultò trattarsi di semplici modificazioni ambientali nel solo colore del raspo.

Germoglio di 10-20 cm

Figura 1: Apice di Dolcetto.

Apice: cotonoso, verde con sfumature vinose carminate.

Foglioline apicali (dalla 1a alla 3a): la prima (in alto) a gronda, le altre spiegate; cotonose inferiormente (le prime due aracnoidee nella pagina superiore), rosso vinoso intenso, che traspare sotto la pelurie.

Foglioline basali (dalla 4a in poi): spiegate, glabre superiormente, leggermente tomentose inferiormente; di color verde, con gli orli carminati.

Asse del germoglio: ricurvo.

Germoglio alla fioritura

Apice: espanso, con tomento aracnoideo, verde, con sfumature vinose.

Foglioline apicali: la prima (verso l'alto) a coppa; le altre spiegate, con tomento aracnoideo, verdi, con sfumature vinose.

Foglioline basali: spiegate, glabre superiormente, con tomento aracnoideo inferiormente; verdi, con orlature carminate; nervature delle foglioline di color rosso vinoso.

Tralcio erbaceo: a sezione ellittica, con contorno angoloso, glabro, verde (ma rosso vinoso dalla parte del sole).

Viticci: intermittenti (formula: 0-1-2-0-1-2...), bifidi o trifidi, medi o lunghi, dapprima rossicci, poi verdi.

Infiorescenza: di media lunghezza (12-14 cm), di forma piramidale.

Fiore: bottone fiorale globoso; fiore ermafrodita, auto fertile, di color verde-chiaro; corolla normale (a cappuccio); stami 5 (raramente 6).

Figura 2: Foglia di Dolcetto.

Foglia: di grandezza media o meno, pentagonale, un po' più larga che lunga; per lo più quinquelobata; seno peziolare a V largamente aperto; seni laterali superiori profondi, a lira, poco aperti o quasi chiusi; inferiori meno profondi, poco aperti o più o meno chiusi; pagina superiore glabra, liscia; pagina inferiore con leggero tomento aracnoideo; nervature sporgenti, sfumate in rosso per lungo tratto in vicinanza dell'inserzione col picciolo, aracnoidee; lembo generalmente quasi piano, ma con lobi rovesciati in basso; lobo terminale acuto; denti irregolari, acuti, convessi; colore della pagina superiore verde cupo, con sfumature rosse agli orli; della pagina inferiore verde chiaro.

Picciolo: di lunghezza e grossezza media, pressoché glabro, con canale poco evidente, di color rosso vinoso.

Colorazione autunnale delle foglie: : verde, con intense sfumature rosso-vinose.

Figura 3: Grappolo di Dolcetto.

Grappolo a maturità industriale: di grandezza media o più, mediamente spargolo; piramidale piuttosto lungo (18-20 cm), alato (con 1-2 ali); peduncolo piuttosto grosso, bruno; pedicelli medi, rossi o rosso bruni a maturità; cercine evidente, rosso; pennello medio, rosso vinoso; separazione dall'acino: facile (non di rado anche troppo).

Acino: di grandezza media (12 mm), di forma rotonda, ma non sempre costante, come non è sempre uguale la grandezza degli acini nello stesso grappolo; ombelico persistente; buccia ben pruinosa, di color nero bluastro, sottile; polpa succosa, di sapore molto dolce, semplice, gustosa; succo incolore.

Vinaccioli: da 1 a 3, piriformi, con becco sottile, di grandezza media.

Tralcio legnoso: di lunghezza media o più; robusto; con corteccia aderente, resistente; sezione circolare; superficie liscia, parzialmente pruinosa; nodi globosi; glabri; internodi di media lunghezza (cm 8-12); colore grigio-nocciola, con nodi più scuri; gemme coniche molto sporgenti; cercine peziolare largo, sporgente; diaframma convesso; midollo non molto abbondante.

Tronco: abbastanza robusto.

Fenologia

Condizioni di osservazione: il clone prescelto è situato in comune di Strevi (Alessandria).

Ubicazione

Longitudine: 3°9' O (Monte Mario);

Latitudine: 44°41' N;

Altitudine: circa m 230 s.l.m.;

Esposizione: sud-ovest;

Portinnesto: "Berlandieri" x "Riparia A 420";

Età delle viti: anni 20;

Sistema d'allevamento: a filari bassi;

Forma di potatura: tipo Guyot;

Terreno: collinare, calcareo-siliceo-argilloso.

Fenomeni vegetativi

Germogliamento: piuttosto precoce (prima metà d'Aprile).

Fioritura: piuttosto precoce (fine Maggio-prima decade di Giugno).

Invaiatura: piuttosto precoce (prima decade d'Agosto)

Maturazione dell'uva: fine I epoca - inizio II (seconda metà di Settembre).

Caduta delle foglie: prima metà di Novembre.

Caratteristiche ed Attitudini colturali

Vigoria: media (inferiore al "Barbera"). Vuole perciò sistemi di allevamento e potatura non espansi, tipo Guyot, con un solo capo a frutto per lo più di 6-8 gemme.

Produzione: buona e regolare solo nelle località che meglio si confanno; se no, irregolare, molto variabile da un anno all'altro (nelle zone poco adatte, lascia facilmente cadere gli acini alla maturità). Si sarebbe anche osservata una colatura un po' più accentuata nel "Dolcetto a graspo rosso" che in quello a "graspo verde".

Posizione del primo germoglio fruttifero: per lo più al 3° nodo, più di rado al 2°.

Numero di infiorescenze per germoglio: per lo più 2.

Resistenza alle avversità: in generale si considera meno resistente alle malattie crittogamiche del "Barbera", e anche alle tignole. è invece ritenuto più resistente alle avversità atmosferiche (geli, grandine).

Comportamento rispetto alla moltiplicazione per innesto: in generale buono. Dimostra buona affinità col "420 A", "Kober 5BB" ("Teleki"), e anche "Rupestris du Lot", "3309", "161-49", "41 B". Ma al di fuori delle zone tipiche sembra che l'innesto sulle viti americane abbia accentuato il difetto di lasciar cadere gli acini a maturazione.

Utilizzazione

Esclusivamente per la vinificazione