Freisa
di G. Dalmasso, G. Dell'Olio, M. Ferrero e B. Tamagnone
da "Freisa", in Principali vitigni da vino coltivati in Italia - Volume II, Ministero dell'Agricoltura e delle Foreste, 1962

Sinonimi (ed eventuali errati)

Come per il "Barbera", così per questo notissimo vitigno piemontese potremmo dire che di veri sinonimi non ve ne sono. Chè quelli che si possono trovare compulsando le non poche pubblicazioni che parlano della "Freisa" in molti casi sono denominazioni usate là dove essa venne introdotta, solo per ricordare il luogo di provenienza: così come "Spanna monferrina", usata talora a Gattinara (talvolta è stata anche chiamata semplicemente "Spannina" o anche "Spanna", ma erroneamente, chè la vera "Spanna" è il "Nebbiolo"); o anche "Monferrina" o "Monfrà", datole in Val d'Aosta. Più sovente viene chiamata "Freisa di Chieri" (o, più di rado, "Freisa del Piemonte"); mentre per "Freisa di Nizza" dovrebbe intendersi altro vitigno (la "Neiretta" di Saluzzo), che il Sannino trovò nei dintorni di Bra anche sotto il nome di "Costiole" (da Costigliole Saluzzo). Erroneamente s'è usato talora l'appellativo di "Freisa Nebbiolo" o "Freisa Picotener" in Val d'Aosta (citati dal Gatta). Così pure la cosiddetta "Freisa di Moncucco", che aveva il di Rovasenda nella sua collezione della Bicocca, gli risultò essere la "Brezzala di Gattinara". Ma le sinonimie (legittime o meno) investono il problema, piuttosto complicato, dell'esistenza di più d'una sottovarietà di "Freisa". Senza pretendere di voler qui riferire tutto ciò che s'è scritto in proposito, ci limiteremo alle cose essenziali. Anzitutto, frequentemente si sono distinte si distinguono una "Freisa piccola" e una "Freisa grossa". Per quanto i pareri in proposito non siano tutti concordi, noi riteniamo che si tratti d'un caso analogo a quello della "Barbera fina" e della "Barbera grossa", cioè che non si possa parlare di due sottovarietà veramente costanti, ma più che altro di modificazioni dovute all'ambiente. Non possiamo però escludere che si possa trattare di cloni differenti. Il responso definitivo ci verrà dallo studio della collezione di cloni che abbiamo istituita. Ricordiamo, in proposito, quanto ne scrisse autorevolmente il Sannino che già aveva osservato queste due "Freise" nell'orto del Comizio Agrario di Avellino, portatevi con talee d'un vivaista torinese. Egli supponeva che una delle due varietà fosse nata per variazione (mutazione?) di qualche ceppo dell'altra, e fosse stata poi fissata colla propagazione agamica. Le uniche differenze da lui notate erano nella grandezza delle foglie e dei grappoli (e degli acini); come prevedibile, l'uva della piccola risultò di qualità migliore, così come notoriamente in Piemonte si considerano migliori i vini che s'ottengono dalla "Freisa piccola". Però, a complicare le cose, v'è una "Freisa grossa" che il Sannino trovò e descrisse a Pocapaglia (presso Bra) e che perciò qualificò come "Freisa di Pocapaglia", che non ha niente a che fare con la vera "Freisa"; basti dire che, a parte le differenze nelle foglie, gli acini sono allungati e la maturazione di I epoca. Per il suo sapore poco acido e per la relativa precocità (nonché per la sua serbevolezza) viene usata più come uva mangereccia che da vino. Però essa non va nemmeno confusa con la cosidetta "Freisa da tavola" (o "Freisa da mensa"): nome che il Rovasenda aveva proposto per la cosiddetta "Luglienga nera", non avendo nessuna somiglianza con la "Luglienga bianca", mentre ha una singolare somiglianza nelle foglie con la vera "Freisa". Però, per la grandezza degli acini, nonché per la maturazione di I epoca, non si può confondere nemmeno con quest'ultima. (Notiamo che sotto il nome di "Luglienga nera" essa è descritta e figurata nel "Vignoble" di Mas et Pulliat, voi. I, p. 181, tav. 91). Sorvolando su altre citazioni di pseudo-sottovarietà di "Freise", crediamo di poter per ora concludere col di Rovasenda che tutt'al più "esistono due sole varianti" del vitigno "Freisa".

Descrizione Ampelografica

Per la descrizione ampelografica di questo vitigno è stato utilizzato un clone di "Freisa" in un vigneto del comune di Chieri. I caratteri vennero poi confrontati con quelli di altre viti di "Freisa", sia in provincia di Torino che di Asti e di Cuneo.

Germoglio di 10-20 cm

Figura 1: Apice di Freisa.

Apice: espanso (a ventaglio), leggermente pubescente, di colore giallastro, con orli un po' rossicci.

Foglioline apicali (dalla 1a alla 3a): spiegate, glabre superiormente, con leggerissima pubescenza inferiormente, verdi con sfumature bronzate-carminate.

Foglioline basali (dalla 4a in poi): spiegate, glabre superiormente, con nervature setolose inferiormente, verdi, con qualche riflesso bronzato.

Asse del germoglio: talvolta eretto, sovente ricurvo.

Germoglio alla fioritura

Apice: espanso (a ventaglio), glabro, di color verde chiaro.

Foglioline apicali: spiegate, glabre (o leggermente pubescenti), verde-chiaro.

Foglioline basali: spiegate, glabre, verde chiaro (talora con riflessi bronzati).

Asse del germoglio: eretto.

Tralcio erbaceo: a sezione circolare, un po' angoloso, glabro, verde (talora un pò rosso da un lato).

Viticci: intermittenti, bifidi, verde-giallastri (formula: 1-2-0-1-2-0 ecc.).

Infiorescenza: normalmente conica, lunga circa 18 cm, di aspetto regolare.

Fiore: bottone fiorale piriforme; fiori ermafroditi (autofertili), con stami talvolta poco eretti.

Figura 2: Foglia di Freisa.

Foglia: di grandezza media o meno, sovente un po' più larghe che lunghe, pentagonali, per lo più trilobate (o anche quasi intere), molto raramente quinquelobate (ma con i lobi inferiori appena accennati), con seno peziolare sempre aperto, a U molto allargato; seni laterali superiori poco profondi, stretti, sovente chiusi con orli sovrapposti; seni inferiori poco o nulla evidenti, pure stretti. Pagina superiore glabra, verde chiaro; pagina inferiore glabra (però sovente con le nervature setolose). Lembo e lobi piani-lisci. Denti poco pronunciati, dente terminale del lobo mediano talvolta allungato, lanceolato.

Picciolo: medio o più, glabro, verde, un po' rossiccio, con canale poco evidente.

Colorazione autunnale delle foglie: verde chiaro.

Figura 3: Grappolo di Freisa.

Grappolo a maturità industriale: di grandezza media, allungati, quasi cilindrici, poco alati, piuttosto sciolti, con peduncolo ben visibile, piuttosto lungo, verde; pedicelli sovente rossicci; cercine rosso-violaceo, pennello rosso.

Acino: medio (più o meno grande o piccolo a seconda delle cosidette sottovarietà), subrotondi o leggermente ovali; buccia ben pruinosa, di color nero-bluastro (che l'abbondante pruina fa sembrare meno cupo), piuttosto sottile, ma resistente; polpa succosa, di sapore dolce, ma un po' aspro, semplice; succo incolore.

Vinaccioli: da 2 a 3, piriformi, un po' rigonfi.

Tralcio legnoso: robusto, di media lunghezza, con corteccia bene aderente, a sezione ellittica, con superficie liscia; nodi appiattiti, non pruinosi; meritalli mediamente lunghi o più, di colore nocciola piuttosto chiaro, un po' rossastro ai nodi; gemme coniche appuntite; diaframma piano-convesso.

Fenologia

Condizioni di osservazione:

Ubicazione

Longitudine: 7,86 E (di Greenwich).

Latitudine: 45,03 N.

Altitudine: circa m 300 s.l.m.

Esposizione: ponente.

Portinnesto: "Kober 5 BB".

Età delle viti: anni 15.

Sistema di allevamento: a media espansione (taragna chierese).

Sistema di potatura: tipo Guyot piuttosto ricco.

Terreno: di collina, piuttosto argilloso.

Fenomeni vegetativi

Germogliamento: un pò dopo la media (verso la metà di Aprile).

Fioritura: media (metà Giugno).

Invaiatura: media (verso la metà di Agosto).

Maturazione dell'uva: di II epoca tardiva, un po' prima del "Barbera" (3a decade di Settembre).

Caduta delle foglie: normale.

Caratteristiche ed Attitudini colturali

Vigoria: notevole, motivo per cui preferisce sistemi di allevamento e potatura non troppo ridotti e poveri (sui colli di Chieri il sistema caratteristico è quello a "taragna", cioè a spalliere piuttosto alte, con 5-6 fili di ferro, con interfilari di 2,50-3 metri e più).

Produzione: regolare, generalmente abbondante; però in qualche annata va soggetta a colatura e acinellatura.

Posizione del primo germoglio fruttifero: 3° o 4° nodo.

Numero di infiorescenze per germoglio: 2.

Fertilità delle femminelle: trascurabile.

Resistenza alle avversità: resiste abbastanza bene alle brinate tardive; ed è considerato vitigno più resistente alla peronospora degli altri della regione ("Barbera", "Bonarda"); più recettivo invece all'oidio.

Comportamento rispetto alla moltiplicazione per innesto: in generale buono. Usati sopratutto come portinnesti il "420 A", la "Kober 5BB", ma anche il "161-49", il "Rupestris du Lot", la "Riparia" x "Rupestris" 101-14.

Utilizzazione

Esclusivamente per la vinificazione.