da "Moscato bianco", in Principali vitigni da vino coltivati in Italia - Volume III, Ministero dell'Agricoltura e delle Foreste, 1964
Sinonimi (ed eventuali errati)
Chi volesse descrivere se non tutti, almeno i più importanti vitigni che portano (per lo più con qualche aggiunta) il nome "Moscato" affronterebbe un'impresa pressoché vana. Essi infatti sono così numerosi che fin dai primi tentativi di tassonomia ampelografica si ravvisò la necessità di far posto ad uno o più gruppi di vitigni con uva "a sapore moscato", o, più propriamente, aventi tale aroma. Così, per citare solo qualcuna delle più antiche classificazioni ampelografiche, ricorderemo che quella dell'Acerbi (1825) stabiliva, per ogni classe di uve (bianche - colorate) due sottoclassi: una di "uve a sapore semplice" e una "a sapore moscatello"; quella del Burger (1837) un "ordine con acini a sapore moscato"; quella del Milano (1839) "uve a sapore profumato" (cioè aromatico); l'Odart (1841) contemplava una "tribù" di Moscati; l'Oudart (1873) dei "generi" di uve a sapore aromatico, fino ad arrivare alla classificazione del Conte Di Rovasenda (1877) che collocava addirittura il carattere del "sapore di moscato" subito dopo quello del colore dell'uva; mentre invece quella del Molon (1893) poneva la distinzione fra uve "a sapore semplice" o "a sapore moscato" al 3° grado, cioè dopo il colore dell'uva e la forma degli acini. Può anche essere interessante ricordare che il Barone Mendola volle persino tentare una discriminazione fra i vari Moscati, distinguendone 3 sottogruppi: 1° a sapore moscato semplice; 2° a sapore zibibbo; 3° a sapore fior d'arancio. Senza soffermarci su altri tentativi di classificazioni proposte da studiosi tuttora viventi, ci limitiamo a ricordare che nella più recente (e più scientifica) classificazione botanico-ampelografica della specie linneana Vitis vinifera - quella del genetista russo Prof. A. Negrul - la 3a delle proles da lui proposte: la Proles orientalis Negr. dovrebbe suddividersi in 3 gruppi minori o tipi, di cui il 1°, da lui chiamato dei Moscati-apiana Negr., costituito da vitigni con aroma di moscato (abbastanza numerosi anche nelle regioni viticole dell'Asia anteriore od occidentale). Questo dimostra subito quanto arduo e complicato riuscirebbe voler prendere in esame tutti i vitigni conosciuti (di cui molti selezionati nel secolo attuale da genetisti o costitutori di vari Paesi) aventi uva a sapore moscato. Basti dire che già il Di Rovasenda nel secolo scorso, nel suo importante "Saggio d'un'ampelografia universale" (1877), anche limitandosi pressoché ad una pura loro elencazione, vi dedicava oltre tre fittissime colonne; e nell'Ampelografia del Molon troviamo una cinquantina di pagine densissime, con ben 24 distinte monografie di varia estensione, dedicate ai vari Moscati. Lo studio promosso dal Ministero d'Agricoltura però s'è prefisso di limitarsi ai vitigni per uve da vino. Ne restano perciò esclusi i numerosissimi Moscati che producono invece uve da tavola (per quanto l'uva di più d'uno di essi si possa anche vinificare, e talora con risultati notevoli, ottenendone vini di gran pregio come "vini speciali": basterebbe citare lo Zibibbo, da cui si ottiene il ben noto Moscato liquoroso di Pantelleria). Aggiungiamo che in questo nostro studio sono stati compresi solo Moscati ad uva bianca, escludendo quelli (sempre da vino) ad uva colorata (rossa, violetta, nera), dato il loro interesse assai più limitato. E, naturalmente, solo quelli che si possono considerare "italiani", o quanto meno, quelli che da tempo più o meno lungo vengono coltivati in Italia. Ma anche così circoscritto lo studio avrebbe compreso un numero ancora abbastanza elevato di vitigni. Ci si è perciò limitati a quelli che hanno attualmente una notevole, o almeno discreta, diffusione, e che meritano di essere ulteriormente conservati o diffusi. Ed essi, in definitiva si riducono pressoché ad un solo vitigno, che di tutti quelli aromatici da vino è di gran lunga il più diffuso: il Moscato bianco. Conclusione alla quale già era giunto, col suo occhio infallibile, il Di Rovasenda, che nel suo "Saggio", dopo aver detto che ricevette tale Moscato dalle località più disparate (oltre che dal Piemonte, da Voghera e da altre parti della Lombardia, dell'Emilia, della Toscana, della Romagna, delle Marche, della Sicilia, della Sardegna, nonché da varie parti della Francia), aggiungeva: "ho potuto convincermi che in generale una sola è la qualità che si coltiva per la confezione dei vini bianchi": quella che egli nel "Saggio" dice semplicemente "Moscato". Di veri sinonimi se ne possono citare pochi (anche se il Molon nella sua Ampelografia, alla voce "Moscato bianco", elenca quasi un centinaio di termini, in gran parte però che si differenziano solo per leggerissime varianti di questo nome). I più comuni sono Moscatello Douro, Muscateller, Weisser Muscateller, Grüner Muscateller, Weisse Muscalen Traube; oppure Moscato seguito dal nome del luogo di coltura: M. di Canelli, di Strevi, dei Colli Euganei, di Montalcino, di Siracusa, di Noto, di Trani, di Tempio, di Frontignan, ecc. ecc. Talora viene anche chiamato Moscato giallo; è però preferibile riservare, come vedremo, questo nome ad altro vitigno.
Descrizione Ampelografica
Come s'è detto, per i motivi già esposti, lo studio venne limitato a pochissimi Moscati da vino a frutto bianco, coltivati in varie regioni d'Italia: dal Piemonte al Veneto al Trentino alla Toscana alla Puglia alla Sicilia alla Sardegna. Giunti alla fine dei rilievi ampelografici, ripetuti durante vari anni, e alla raccolta delle notizie colturali, tecnologiche, economiche relative a ciascuno di essi, si è proceduto ad un raffronto fra gli elementi raccolti, si da poter esprimere un giudizio finale circa la identità o la disparità fra i suddetti vitigni. Prima di esprimere tale giudizio conclusivo è però necessario avvertire che qui ci troviamo in uno dei casi più tipici di vitigni d'origine remotissima e d'antichissima coltura. E sono ben note le conseguenze di tale fatto su quello che potrebbe dirsi il polimorfismo del vitigno. Trattasi indubbiamente d'una popolazione quanto mai numerosa ed eterogenea, per la comparsa, attraverso i secoli, di tipi più o meno aberranti. E' quindi ovvio che tale popolazione comprenda una quantità di cloni, via via, e nelle varie zone di coltura, approssimativamente (certo non rigorosamente) selezionati, talora anche di valore colturale e tecnologico sensibilmente differente. E' altrettanto ovvio che le rispettive descrizioni ampelografiche, pur concordando nei caratteri essenziali, possano differire fra loro per alcuni caratteri secondari o per talune sfumature morfologiche, che però non consentono - nel loro complesso - una netta separazione di differenti sottovarietà. E nemmeno ci sembra lecito parlare pel Moscato bianco d'una "convarietà" (per seguire la moderna nomenclatura del Codice internazionale), comprendente svariate cultivar. Questo almeno per i seguenti Moscati considerati dallo studio ministeriale: Moscato bianco piemontese (di Canelli, Strevi, ecc.); Moscato dei Colli Euganei; Moscato di Montalcino (lo studio del Moscato o Moscatello di Montalcino venne abbandonato, dopo averne constatato l'identità con quello piemontese, data la minima importanza che esso oggi ha, essendo pressoché scomparse le "Moscadellaie" nelle quali si coltivava a Montalcino); Moscato di Trani; Moscaio di Siracusa; Moscato di Tempio (o di Sardegna). Diverso è il caso del Moscato giallo o trentino, i cui caratteri differiscono troppo da quelli dei sovraindicati per poterlo considerare un semplice clone (o una sottovarietà) del Moscato bianco. Esso quindi dovrà esser ritenuto come un vitigno differente.
Germoglio di 10-15 cm
Apice: espanso o medio (quasi piccolo - Temp.), lanugginoso (vellutato - Tr.; cotonoso - Sir.), verde chiaro con sfumature bronzate ai margini (verde biancastro con sfumature rosee - Eug.), verde pallido (Temp.).
Foglioline apicali (dalla 1a alla 3a): spiegate (a gronda - Tr., Temp.); pagina superiore con tomento aracnoideo; inferiore sublanugginoso (lanugginoso, Eug.; vellutato - Tr.; aracnoideo - Temp.); verde chiaro con sfumature rosso-bronzate (verde giallastro - Temp.).
Foglioline basali (dalla 4a in poi): spiegate (piegate a coppa - Eug. ; a gronda - Tr.; leggermente a gronda - Temp.); glabre superiormente, con tomento aracnoideo inferiormente (leggermente pubescente - Eug.; quasi glabre dalla 3a in poi - Sir.; glabre - Temp.); colore verde chiaro con dentatura a sfumature bronzate (verde screziato di marrone, Temp.).
Asse del germoglio: ricurvo (eretto - Eug., Temp.).
Germoglio alla fioritura
Apice: espanso (medio - Eug.); lievemente lanugginoso (vellutato - Tr.); colore verde chiaro, con orli sfumati in carminio (sfumature bronzate - Eug.).
Foglioline apicali: piegate a coppa (spiegate - Eug.; a gronda - Tr.; spiegato - Sir.; a gronda - Temp.); dapprima lanugginose, poi con tomento aracnoideo (vellutate - Tr.; lanugginose -Sir.; aracnoidee - Temp.); color verde, con striature e riflessi bronzei (verde bronzato - Eug.; verde bottiglia - Tr.; bianco verdastro le prime due, verde-ramate la terza - Sir.; verde giallastro - Temp.).
Foglioline basali: spiegate (ondulate - Eug.; a gronda - Tr.; leggermente a gronda - Temp.); pagina superiore glabra; inferiore con leggeriss. tomento aracnoideo e peli sulle nervature (glabre o con qualche lungo pelo - Eug.; glabre - Tr., Sir., Temp); colore verde, con sfumature bronzee (verde-chiaro - Tr.; verde ramate e verde - Sir.; verde screziate marrone - Temp.).
Asse del germoglio: ricurvo, talvolta tendente al pastorale (leggermente ricurvo - Temp.).
Tralcio erbaceo: a sezione ellittica (rotondeggiante - Temp.); angoloso (liscio - Eug.; leggermente costoluto - Temp.); glabro, con rado tomento aracnoideo specialmente ai nodi e all'apice (glabro - Eug.; quasi glabro - Tr.; con peli aracnoidi - Sir.); color verde con sfumature bronzee (grigio verde - Eug.; con striature carminate - Tr.; strie vinose - Sir.; verde con striature marrone-arancione - Temp.).
Viticci: intermittenti, 0-1-2-0-1-2-0-1-2; bifidi o trifidi; piuttosto grossi (sottili - Sir.); verde-giallognoli, con sfumature vinose alla base.
Infiorescenza: di lunghezza media (10-12 cm), cilindro-piramidale, talvolta alata.
Fiore: bottone piriforme, mezzano; fiore ermafrodito, normale (talvolta con 6 stami), corolla verde-chiaro, caliptriforme, autofertile.
Foglia: pentagonale (orbicolare - Temp.); grandezza media (o piccola - Sir.); tri- e quinquelobata (5 lobate - Eug., Tr.), con seno peziolare a lira (a V stretto con bordi sovrapposti - Eug.; a V con bordi sovrapposti - Tr.; elissoidale chiuso, e anche con bordi sovrapposti - Temp.); seni laterali superiori chiusi con bordi sovrapposti (a U stretto con bordi paralleli o sovrapposti, profondi - Eug.; a lira chiusa - Tr.; a lira stretta, con bordi talora sovrapposti - Sir.; elissoidali chiusi, talora sovrapposti - Temp.); seni inferiori a V più o meno aperti e non sempre marcati (a V stretto poco profondi - Eug.; a V aperti, mediani, profondi - Temp.); pagina superiore glabra, inferiore pressoché glabra (con qualche pelo sulle nervature di 1° e 2° ordine - Eug.; aracnoidea - Sir.); lembo piano, sottile, lobi piani (piegato a gronda, spesso, lobi involuti - Eug.; lobi leggerm. involuti - Tr.; lembo ondulato - Temp.); rugoso, angolo alla sommità dei lobi terminali acuto (ottuso - Eug.); superficie del lembo ondulata (liscia - Eug., Tr.; ondulata - Sir., Temp.); colore delle nervature verde-chiaro, leggermente rosate alla base (verdi - Eug., Sir., Temp.); denti molto pronunciati, acuti, irregolari, convessi, a base stretta (a base larga - Eug.; media, Temp.; la dentatura delle foglie, molto spiccata e acuta, costituisce uno dei caratteri più salienti, che fanno riconoscere anche da lontano questo vitigno quando è frammisto ad altri; colore pagina superiore verde cupo; inferiore verde-chiaro (verde chiaro anche super. - Eug., Sir.); opaca; nervature sporgenti.
Picciolo: lunghezza e grossezza media (corto - Eug. ; sottile - Sir.; quasi grosso - Temp.); pressoché glabro (con qualche pelo lanugginoso); verde, con sfumature ramate (rossiccio - Eug.; rosa pallido - Temp.).
Colorazione autunnale delle foglie: giallo, con sfumature dorate.
Portamento della vegetazione: espanso.
Grappolo a maturità industriale: grandezza media (piccolo - Tr., medio o piccolo - Sir., Temp.); compatto (mediamente compatto - Tr., serrato o semi-serrato - Temp.); cilindro-conico (cilindro-piramidale - Eug., cilindrico - Temp.); con una o più raramente due corte ali; peduncolo visibile, di media grossezza, semi-legnoso (erbaceo - Eug.; legnoso, corto e grosso - Tr.; semi-legnoso, sottile - Sir.; corto, semi-legnoso - Temp.).
Acino: di grandezza media (o un po' meno - Eug.; piccolo - Tr.); sferoide, con ombelico persistente (non persistente - Sir.); prominente; a sezione circolare; buccia poco pruinosa, di color giallo dorato, che diventa ambrato nella parte esposta al sole, con caratteristiche maculature brunastre, abbastanza spessa, consistente; polpa consistente (molle - Tr., Sir.; quasi molle, sciolta - Temp.); sapore spiccatamente moscato, dolce; pedicello corto, verde chiaro, piuttosto esile; cercine evidente, verde (poco evidente - Sir., Temp.); pennello corto, giallo piuttosto grosso; separazione dell'acino dal pedicello facile (piuttosto difficile - Tr., difficile - Sir., Temp.).
Vinaccioli: da 2 a 3 per acino, di media grandezza, con becco sottile, piriformi, calaza tondeggiante.
Tralcio legnoso: di lunghezza media, robusto, elastico; con internodi piuttosto corti; corteccia ben aderente, con lenticelle, di colore nocciola chiaro (bruno - Tr.; marrone pallido o grigiastro, Temp.), liscia (con striature - Tr., Sir., Temp.), non pruinosa, nodi globosi (appiattiti - Tr.); gemme sporgenti, coniche; cercine piuttosto piccolo, evidente (non evidente - Sir.); diaframma piano (convesso - Tr., Sir.), più che medio.
Tronco: mediamente vigoroso.
Fenologia
Condizioni d'osservazione: per il Moscato bianco di Piemonte [Pie.] il clone studiato si trova nella Collezione della Scuola Enologica di Alba; per il Moscato di Trani [Tr.] si considera un vigneto sito in contrada S. Nicola (appezzamento Titta Degni) in agro di Barletta (Bari); per il Moscato di Siracusa [Sir.] si considera il vigneto presentato di seguito, mentre per il Moscato del Tempio [Temp.] si considera il vigneto dove si trova il clone descritto, nel comune di Tempio (Sassari).
Ubicazione
Longitudine: 4°15' O (Monte Mario) [Pie.]; 3°50' E (Monte Mario) [Tr.]; 15°4' E (Greenwich) [Sir.]; 9°5' E (Greenwich) [Temp.];
Latitudine: 44°39' N [Pie.]; 41°19' N [Tr.]; 36°54' N [Sir.]; 40°53' N [Temp.];
Altitudine: m 183 s.l.m. [Pie.]; m 10 s.l.m. [Tr.]; m 35 s.l.m. [Sir.]; m 520 s.l.m. [Temp.];
Esposizione: a Ovest [Pie.]; Est-Ovest [Tr.]; in collina, con orientamento ovest [Temp.];
Portinnesto : 420 A [Pie.]; Rupestris du Lot [Sir.]; Rupestris du Lot [Temp.];
Età delle viti: anni 6 [Pie.]; 30 anni [Tr.]; anni 25 [Sir.]; 15 anni [Temp.];
Sistema di allevamento: a spalliera media [Pie.]; alberello pugliese; attualmente si tende ad introdurre la forma a spalliera per la maggiore produzione che dà [Tr.]; alberello [Sir.]; alberello sardo [Temp.];
Forma di potatura: Guyot [Pie.]; corta, con cornetti di 2 gemme; se a spalliera, invece, il cordone speronato [Tr.]; corta e povera [Sir.]; corta [Temp.];
Terreno: in dolce pendio, argilloso-calcareo [Pie.]; in piano; argilloso-siliceo con sottosuolo tufaceo [Tr.]; piano, argilloso-calcareo-siliceo [Sir.]; granitico, saliceo, ciottoloso [Temp.];
Fenomeni vegetativi
Germogliamento: 5 aprile [Pie.]; prima decade di Aprile [Eug.]; prima decade di Aprile [Tr.]; 20-30 Marzo [Sir.]; precoce [Temp.];
Fioritura: fine Maggio [Eug.]; II metà di maggio [Tr.]; 10-20 Aprile [Sir.]; precoce [Temp.];
Invaiatura: 10-15 Agosto [Pie.]; metà Luglio [Eug.]; seconda metà di Luglio [Tr.]; 10-20 Luglio [Sir.];
Maturazione dell'uva: I-II epoca [Pie.]; II-III epoca [Eug.]; I metà di Settembre [Tr.]; seconda metà di Agosto [Sir.]; II epoca [Temp.];
Caduta delle foglie: 10-15 Novembre [Pie.]; metà Novembre [Eug.]; seconda metà di Novembre [Tr.]; seconda metà di Novembre [Sir.]; epoca ordinaria [Temp.].
Caratteristiche ed Attitudini colturali
Vigoria: buona (prossima a quella del Barbera) (Piemonte); poco vigoroso (Tr.); media (Sir.); media o scarsa (Temp.). Vuole potatura di media espansione (in Piemonte: tipo Guyot con 10-12 gemme; nel Sud e nelle Isole, potatura corta).
Produttività: regolare, inferiore però a quella del Barbera (Piemonte); costante e soddisfacente (Eug.); bassa, non molto costante (Tr. - in Puglia da 30 a 50 ql. d'uva per ha); scarsa ma costante (Sir.); media o scarsa, incostante (Temp.). Non va soggetto a colatura o impallinamento; però sovente gli acini sono di grandezza disforme.
Posizione del primo germoglio fruttifero: per lo più 3° nodo, ma anche 2° (Tr.), e 1° (Temp.).
Numero d'infiorescenze per germoglio: per lo più 2 (uno, raramente 2 - Tr.).
Resistenza alle malattie: alquanto recettivo all'oidio (Piemonte); un po' sensibile alla peronospora (Eug., Tr., Temp); piuttosto sensibile ai freddi (Piemonte).
Portinnesti più usati: si comporta ottimamente col 420 A (Prov. di CN, AT, AL); col 41B (AT, AL); col 161-49 (AL); bene con la Rupestris du Lot (CN); con la Kober nelle 3 province del Piemonte; si comporta bene coi vari portinnesti (Eug., Tr., specialmente col 420A); ottima affinità con la Rupestris du Lot e il 17-37; buona col 420A, mediocre col 41B e 157-11; insufficiente col 3309 e 101-14 (Temp., Mameli).
Esigenze: il Moscato è uno dei vitigni più esigenti nei riguardi del terreno, pur trovandosi distribuito su d'una vastissima area. Ma in una stessa regione, anche a distanza di poche centinaia di metri, cessano le condizioni favorevoli per una conveniente coltura e per ottenerne prodotti veramente pregiati. Ciò è particolarmente controllabile nella regione italiana dove esso ha la maggior importanza, sia per entità di produzione che per rinomanza mondiale dei vini che se ne ottengono, cioè il Piemonte, o meglio quel complesso collinare, compreso in gran parte nelle prov. di Asti, Alessandria e Cuneo, e che ha per centro Canelli. E' da notare che l'altitudine di questa zona varia da 100 a 400 metri; però la maggior parte dei vitigni di Moscato sta fra i 200 e 280 metri. Geologicamente i terreni appartengono pressoché tutti al miocene, e soprattutto al miocene medio (langhiano-elveziano), indi a quello superiore; solo una parte assai minore sono del pliocene inferiore (o messiniano). Predominano i terreni cosiddetti tufacei-marnosi, e in essi i tufi bianchi (calcarei); però anche quelli in cui prevalgono le marne argillose, grigiastre-azzurrognole, sovente alternate con terreni provenienti da arenarie, che danno una compattezza quasi da pietre da costruzione; altre volte invece con banchi di materiali più sciolti, sabbiosi o ciottolosi. Dove però predominano le argille, il Moscato matura meno bene e dà vini meno pregiati che non dove prevalgono i terreni tufacei bianchi. Sovente il calcare raggiunge limiti elevati, pur non arrivando mai agli estremi che si riscontrano in un'altra zona, di coltura molto più ristretta, ma giustamente assai rinomata: quella dei Colli Euganei. Anche il Moscato di Trani preferisce terreni bianchi (detti "carpanosi") e specialmente quelli su tufo. Il Moscato di Tempio si dimostra anch'esso esigente rispetto al terreno. Come ebbe a scrivere il Mameli, nei terreni calcaro-argillosi, e calcaro-silicei profondi, piuttosto asciutti del Campidano, il Moscato produce uve ricche di zucchero, povere di acidi e intensamente aromatiche; nei terreni granitici, ciottolosi dell'alta Gallura, l'uva è meno zuccherina, più ricca di acidi, e d'aroma più delicato.
Utilizzazione
Come già s'è detto, il Moscato bianco dà un'uva tipicamente da vino (anche se, come tutte le uve aromatiche, viene anche gradita pel consumo diretto, pur mancando dei requisiti di bellezza che si richiedono per un'uva da tavola).