Nebbiolo
di G. Dalmasso, G. Dell'Olio ed A. Corte
da "Nebbiolo", in Principali vitigni da vino coltivati in Italia - Volume II, Ministero dell'Agricoltura e delle Foreste, 1962

Sinonimi (ed eventuali errati)

A differenza di altri importanti vitigni piemontesi, per il "Nebbiolo" si possono citare numerosi sinonimi, e non pochi nomi errati. Molti di questi sinonimi non sono però altro che deformazioni più o meno sensibili del vero nome, oppure trattasi del nome, seguito da qualche aggettivo. Incominciando dal nome principale (che potremmo dire ufficiale) del vitigno, avvertiamo anzitutto che non di rado si adotta per esso la grafia "Nebiolo" anziché "Nebbiolo". Quest'ultima però è da preferire, anche per i suoi richiami etimologici (secondo alcuni il nome deriverebbe da "nebbia", in quanto che per l'abbondante pruina i suoi acini sembrano quasi "annebbiati"; secondo altri, invece, il nome sarebbe in relazione alla tardiva maturazione dell'uva, che obbliga sovente a vendemmiarla al tempo delle nebbie autunnali). Molto meno verosimile, e certo più bizzarra, l'etimologia che ne tentò, quattro secoli fa, uno dei primi autori che han parlato del "Nebbiolo", quel G. B. Croce, gioielliere di Carlo Emanuele I di Savoia, che nel 1606 pubblicava una curiosa operetta, in cui sono nominati vari vitigni piemontesi coltivati alla fine del Cinquecento. Egli scriveva che il "Nebiolo" è "cosiddetto forse per trasposizione di lettere, come "Nobile", poiché fa vino generoso, gagliardo e dolce ancora". Venendo ai sinonimi più o meno ancora oggi in uso, a prescindere da quelli che hanno solo riferimenti geografici ("Nebbiolo di Piemonte", "Nebbiolo di Barolo", "Nebbiolo di Barbaresco", "Nebbiolo di Sinistra Tanaro", "Nebbiolo di Carema"), o che sono semplici espressioni dialettali ("Nebieul" o "Nebieu"), potremo citare quello di "Nibieul Burghiri", dato al nostro vitigno in un comune della Sinistra Tanaro (S. Stefano Roero). Ma assai più importanti sono i sinonimi di: "Spanna" (o "Spana" o "Span") dato al "Nebbiolo" nelle Provincie di Vercelli e di Novara, dove, come vedremo, si usa però anche tale sinonimo erroneamente per altri vitigni. "Picotener" o "Picoultener" (= picciolo tenero), usato in Val d'Aosta e in qualche parte del Canavesano, dove il vitigno è qua e là coltivato (specialmente nel comune di Carema). "Chiavennasca" (o "Chiavennasca di Valtellina"), usato per il "Nebbiolo" in provincia di Sondrio, dove esso dà quei famosi vini. A questi sinonimi tuttora vigenti potremmo aggiungere quelli citati dal di Rovasenda nel suo "Saggio": "Brunenta" o "Prunenta" o "Prunent" (Domodossola, dove oggi il vitigno è praticamente scomparso); "Melasca" (Biella, dove però non è più in uso); "Melascone nero" (Biella); "Poctener" (nel Canavese); "Nebbiolo d'Asti, di Bricherasio, d'Ivrea, di Lorenzi, di Masio, di Moncrivello, di Monsordo, di Nizza della Paglia, di Sciolze"; tutti nomi che denotano la notevole diffusione che aveva il vitigno nel secolo scorso. Potremmo anche ricordare le sinonimie più o meno legittime date dall'Odart: "Nebbiolo femmina" ("Nebieul fumela"), "Nebbieul maschio", "Melaschetto" (Biella), "Melascone" (Biella), "Spana grossa", "Spana piccola". Il Molon, che adotta come nome principale quello di "Nebbiolo di Piemonte", cita anche i seguenti: "Barbesino" (Casteggio), "Marchesana" (Valtellina), "Martesana" (Como), "Nebbiolin", "Nebbiolin comune", "Nebbiolin lungo", "Nebbiolin canavesano", "Nebbiolin nero". Ma, come abbiamo detto, oltre ai sinonimi, dobbiamo citare vari nomi errati. E anzitutto quello veramente strano, in uso da tempo in una regione che sta a cavallo delle provincie di Alessandria, Pavia, Piacenza e Genova, dove si sono scambiati i nomi di "Nebbiolo" e di "Dolcetto" (vedasi anche la monografia di quest'ultimo vitigno). Il Giulietti, come ricorda il Molon, aveva proposto la denominazione di "Nebbiolo-Dolcetto" per contraddistinguere questo falso "Nebbiolo", ma la proposta (fortunatamente) non ebbe seguito. Altri falsi "Nebbioli" sono quelli che si riscontrano sotto questo nome nelle provincie di Vercelli e di Novara, e che, per confondere anche più le idee, vanno talora sotto il nome di "Spanna-Nebbiolo" (in dialetto "Spannibiò"), e che, secondo il Cacciatore, sarebbero da ascriversi alla "Croattina" (dell'Oltrepò pavese). E ancora il "Nebbiolo d'Antoni" (o "Uva d'Antoni"), del circondario di Saluzzo, che non ha nulla a che fare col vero "Nebbiolo" (e che, secondo il Di Rovasenda, sarebbe il "Nebbiolo di Monsumo"), "Nebbiolo di Drenerò" (che sarebbe il "Bolgnino" o « Bolgnin » di Cavour e il "Neretto" di Cumiana e Villarbasse presso Torino). Il "Nebbiolo Pajrolé" o "Nebbiolo Pirulé" del Saluzzese, citato anche dal di Rovasenda (ma oggi di nessun interesse pratico). Il "Nebbiolo di Beltram" (Saluzzo), pure citato dal di Rovasenda, come il "Nebbiolo di Stroppo", il "Nebbiolo Femmina", il "Nebbiolo Occellino" (di Rivoli), il "Nebbiolo pignolato" (del Biellese) citato dall'Odart. Curioso che sotto il nome di "Nebbiolo d'Alba" il di Rovasenda cita un "Nebbiolo coltivato sulle colline di Verzuolo (Saluzzo) che non ha niente a che fare col vero "Nebbiolo"". Altri nomi errati, e che non possono che creare confusioni, sono quelli di "Spannina" o "Spanni", usati talora in provincia di Novara (Ghemme) per indicare la "Freisa" (la quale viene anche talora chiamata "Spanna monferrina" o "Spanna-Fresa"). E ancora: "Nebbiolo Polastro", che si riscontra nel comune di S. Stefano Roero (Sinistra Tanaro), ma che non ha nulla a che fare col "Nebbiolo"; "Nebbiolo Rosato" (da non confondersi col "Nebbiolo rosé", che il Di Rovasenda dà come sinonimo di "Grignolino"). E infine il "Nebbiolo bianco", sotto il qual nome vennero descritti diversi vitigni del tutto differenti dal "Nebbiolo" (già G. B. Croce nominava nel 1600 un "Nebbiolo bianco"!). Ed è curioso che l'Odart ricordava - anche sotto il nome di "Barolo" - un vitigno ad uva bianca, ch'egli dava come sinonimo del "Gamay blanc"! Come nulla ha a che fare col "Nebbiolo" un'"Uva della Nebbia", a frutto bianco, citata nel "Bullettino Ampelografico", fase. X, fra le uve di Romagna.

Descrizione Ampelografica

Prima di riportare la descrizione ampelografica del vitigno è necessaria un'avvertenza. Il "Nebbiolo" è, fra i vitigni piemontesi, uno di quelli che presentano una "popolazione" più eterogenea, originatasi forse attraverso più frequenti mutazioni. E, a differenza di altri importanti vitigni della regione, alcune di quelle che ancora s'usa chiamare "sottovarietà", sono ormai ben conosciute e distinte dai viticoltori, che scelgono or questa or quella, per le loro differenti attitudini colturali e capacità produttive. Già il Gallesio - come sempre, osservatore acuto e sottile - aveva messo in evidenza (a proposito del "Nebbiolo") questo fatto, pur dichiarando che su questo punto egli parlava "dubitativamente", avendo riconosciuto "per esperienza che non vi è cosa più difficile di quella di determinare le differenze o le identità delle uve". Però la già citata monografia dell'"Ampelografia Italiana" (1882), dopo aver ricordato quest'osservazione del Gallesio concludeva che "non sarebbe esatto l'asserire che assolutamente non esista una sotto-varietà di Nebbiolo". Da allora il problema è stato in più d'un'occasione e da più studiosi riconsiderato. Ultimamente, da due giovani allievi della Facoltà Agraria di Torino, che ne fecero oggetto di loro accurate tesi di laurea: il dott. Gaspare Rosso (1949) e il dott. Aldo Corte (1955). Quest'ultimo, richiamandosi alle definizioni del recente "Codice Internazionale di nomenclatura delle piante coltivate" ha proposto di adottare per il "Nebbiolo" il termine di "convarietà", considerando come altrettante "cultivar" le cosiddette sottovarietà da lui studiate e descritte. Senza voler in questa sede approfondire l'argomento, ci limitiamo a ricordare come almeno quattro di tali pseudo-sottovarietà (o cultivar) di "Nebbiolo" si trovano oggi in normale coltivazione nella zona classica delle Langhe: il "Nebbiolo Lampia", il "Nebbiolo Michet", il "Nebbiolo Rosé" e il "Nebbiolo del Bolla". è interessante ricordare che nello statuto del "Consorzio per la difesa dei vini tipici Barolo e Barbaresco" è stabilito (art. 5) che "la denominazione di "Barolo" spetta esclusivamente ai vini ottenuti mediante la vinificazione dell'uva "Nebbiolo" delle sottovarietà "Michet", "Lampia" e "Rosé"". Aggiungiamo che già verso il 1840 l'Oudart (da non confondersi con l'Odart) in unione al Bonafous aveva iniziato un'Ampelografia del Piemonte, affidando l'esecuzione delle tavole che dovevano illustrarla al pittore Rossart. Ora, del "Nebbiolo" questi aveva eseguite tre tavole, rappresentanti tre sottovarietà del "Nebbiolo", che forse erano le tre sovraindicate (le tavole andarono disgraziatamente disperse, col relativo testo manoscritto). La quarta ("Nebbiolo del Bolla") è senza dubbio più recente, risalendo solo ad una sessantina d'anni fa. Il nome è derivato da quello di un agricoltore del comune di La Morra, tal Sebastiano Bolla, il quale, avendo osservato qualche ceppo di "Nebbiolo" molto più produttivo, ne raccolse i tralci e ne costituì un piccolo vigneto in frazione Santa Maria (donde anche il nome di "Nebbiolo di Santa Maria"). La notevole fertilità di questo "Nebbiolo" lo fece diffondere tra i viticoltori, che però ben presto si accorsero che la quantità andava a scapito della qualità (perciò le sue uve non sono ammesse dallo statuto del Consorzio). Si può ricordare anche una quinta sottovarietà: il "Nebbiolo Rossi" (anch'essa trovata in comune di La Morra): poco diffusa, per quanto apprezzata dai pochi suoi coltivatori. Non essendo possibile, per ragioni di spazio, riportare integralmente le descrizioni di tutti i suddetti "Nebbioli", ci limiteremo a qui riprodurre quella del "Nebbiolo Lampia" (o "Lampio" o "Lampi"), raccogliendo poi in un prospetto le principali caratteristiche differenziali dei quattro tipi. Per la presente descrizione ampelografica si è usufruito di un clone di "Nebbiolo Lampia" esistente nei vigneti della Tenuta di Fontanafredda, comune di Serralunga d'Alba (Cuneo).

Germoglio di 10-12 cm

Figura 1: Apice di Nebbiolo.

Apice: espanso, di colore bianco argenteo, con sfumature carminate ai bordi, più intense alle punte dei lobi.

Foglioline apicali (dalla 1a alla 3a): le prime due leggermente piegate a gronda, la terza spiegata. La tomentosità sulla pagina superiore va man mano riducendosi dalla prima fogliolina alla terza, passando da lanugginosa ad aracnoidea; cotonose sulla pagina inferiore. Il colore della pagina superiore va dal bianco-argenteo bronzato con orli ramati nella prima fogliolina, al verde chiaro bronzato con lievi sfumature ramate ai bordi nella terza. La pagina inferiore è di colore bianco-argenteo, con sfumature carminate ai lobi. Foglie piccole, in genere pentalobate, seno peziolare a V di media larghezza.

Foglioline basali (dalla 4a in poi): pentalobate spiegate o leggermente piegate a doccia, con una lieve peluria lunga e rada sulla pagina superiore e tra il cotonoso ed il lanugginoso su quella inferiore; pagina superiore di colore verde chiaro; seno peziolare a V stretto.

Asse del germoglio: pressoché eretto o leggermente ricurvo; la tomentosità si attenua man mano che si allontana dall'apice. Internodi abbastanza lunghi.

Germoglio alla fioritura

Apice: espanso, lanugginoso, bianco-argenteo con riflessi bronzati ed orli in parte carminati.

Foglioline apicali: spiegate o leggermente piegate a gronda, aracnoidee superiormente e lanugginose inferiormente; la pagina superiore è di colore verde chiaro bronzato, l'inferiore bianco-sporco, con nervature bronzate.

Foglioline basali: spiegate, quasi glabre superiormente ed aracnoidee inferiormente. La pagina superiore è di colore verde bronzato lucido, l'inferiore verde chiaro.

Asse del germoglio: leggermente ricurvo, ricoperto da rada peluria.

Tralcio erbaceo: sezione trasversale circolare, con contorno un po' angoloso, verde con striature rosso-vinose nella parte rivolta al sole; nodi rosso-vinosi.

Viticci: intermittenti, bi-trifidi, lunghi, esili. (Formula: 0-1-2-0-1-2-0...).

Infiorescenza : tendente al grande (lunghezza cm 18-20); forma cilindrico-piramidale alata. Ciascun germoglio porta una, od eccezionalmente due infiorescenze.

Fiore: bottone fiorale di media grandezza, di forma globosa, ermafrodita; corolla di colore verde gialliccio, apertura a cappuccio.

Figura 2: Foglia di Nebbiolo.

Foglia: di grandezza media o grande: cm 15-18; di forma tra il pentagonale e l'orbicolare; le foglie dei nodi intermedi sono, in genere, trilobate; quelle dei nodi basali tendono al pentalobato, mentre le foglie della punta del germoglio e delle femminelle sono quasi intere; seno peziolare a V aperto, con lati concavi, od a U, meno spesso a lira; seni laterali superiori ad U o a lira, inferiori a V e appena accennati; pagina superiore glabra, leggermente vescicolosa, di color verde bottiglia opaco, con nervature di colore verde-chiaro, sfumate in rosa nel punto di inserzione al picciolo; pagina inferiore aracnoidea, di colore verde chiaro; nervature 1a-2a-3a cotonose e di colore verde chiaro, con sfumature rosee nel punto di inserzione al picciolo; dalla quarta in poi, le nervature non sono più sporgenti; lembo piano, abbastanza sottile, con lobi piani o leggermente involuti; angolo alla sommità del lobo mediano pressoché retto; nei lobi laterali acuto; dentatura di media grandezza, irregolare, acuta, con base di media larghezza.

Picciolo: di media lunghezza e grossezza, di color verde oliva con sfumature rosso-fecciose sul dorso, ricoperte da rada peluria; sezione trasversale con canale poco evidente.

Colorazione autunnale dlle foglie: gialliccia, defogliazione tardiva (metà novembre).

Figura 3: Grappolo di Nebbiolo.

Grappolo a maturità industriale: di grandezza media o grande (lunghezza cm 18-20); di forma piramidale-allungata; alato, un po' compatto; presenta spesso un'ala alquanto sviluppata che in alcuni casi assume quasi l'aspetto di un secondo grappolo; peduncolo di lunghezza media o meno (cm 4-5), semilegnoso nella prima metà; pedicelli un po' corti, di media grossezza, colore verde chiaro con cercine non molto evidente, dello stesso colore e pochissimo verrucoloso; pennello di media grossezza e lunghezza, colore giallino.

Acino: di grandezza media (mm 12-14), rotondo ma con tendenza all'ellissoide, sezione trasversale circolare, ombelico persistente, buccia molto pruinosa, sottile ma resistente e tannica; colore violaceo scuro, ma che per la pruina appare quasi grigio; polpa succosa di sapore semplice, dolce, acidula, astringente, succo incolore.

Vinaccioli: da due a tre per acino, di media grandezza, piriformi, colore castano-chiaro, con becco non molto appuntito.

Tralcio legnoso: lungo, robusto, piuttosto elastico, glabro, con fenomeni di fasciazione abbastanza frequenti, superficie striata, corteccia poco pruinosa, staccantesi in strisce, punteggiata. Tralcio color cannella carico, con striature rosso-vinose; nodi abbastanza pronunciati di colore cannella rossastro. Meritalli lunghi (cm 12-15); gemme un po' tomentose e di media grandezza; diaframma leggermente convesso, midollo normale.

Tronco: vigoroso.

Fenologia

Condizioni di osservazione: Si considerano, per quanto riguarda l'ubicazione ed i fenomeni vegetativi, quelle della Tenuta di Fontanafredda nel comune di Serralunga d'Alba, dove trovasi il clone descritto. (I dati meteorologici sono quelli dell'Osservatorio meteorologico dell'Istituto Tecnico Agrario Specializzato di Alba, che dista km 8 dalla Tenuta di Fontanafredda).

Ubicazione

Longitudine: 4° 28' ad ovest del meridiano di Roma (Monte Mario).

Latitudine: 44° 28'20" N.

Altitudine: 230 metri sul livello del mare.

Esposizione: a mezzogiorno; orientamento dei filari: Est-Ovest.

Portinnesto: "Berlandieri" X "Riparia 420 A".

Età delle viti: 14 anni.

Sistema di allevamento: a ceppo basso, con potatura lunga e piuttosto ricca. Le viti sono disposte in filari, distanti fra loro m 2,50 e ad un metro sul filare.

Forma di potatura: sistema di potatura tipo Guyot, con un capo a frutto di 13-15 gemme.

Fenomeni vegetativi

Germogliamento: precoce (10-15 aprile); germoglia in genere con 10-12 giorni di anticipo sul "Barbera". (Il "Nebbiolo Lampia" è la cv. di "Nebbiolo" a germogliamento più precoce).

Fioritura: piuttosto precoce (prima metà di giugno).

Invaiatura: media (seconda metà di agosto).

Maturazione dell'uva: tardiva (IV epoca).

Caduta delle foglie: tardiva (metà novembre).

Caratteristiche ed Attitudini colturali

Vigoria: più che media: il "Nebbiolo Lampia" è il più vigoroso del gruppo.

Produzione: un po' incostante. Se la primavera decorre favorevole (non fredda e non piovosa), la produttività è abbastanza buona, se invece l'annata decorre sfavorevole la produzione risulta scarsa, perché il "Nebbiolo Lampia" va soggetto alla filatura dei grappolini fiorali ed alla colatura dei fiori.

Posizione del primo germoglio fruttifero: 4° nodo (più raramente 3°).

Numero medio delle infiorescenze per germoglio: in genere una, solo eccezionalmente due.

Resistenza alle malattie: alquanto sensibile all'oidio, ma abbastanza resistente alla peronospora. Nelle annate ad autunno molto piovoso può soffrire per attacchi di Botrytis. Come tutti i veri "Nebbioli" è piuttosto sensibile agli sbalzi di temperatura, e preferisce località di collina bene esposte al sole, affinché la maturazione arrivi a bene completarsi, ma non eccessivamente aride. Per questo s'adatta bene in località elevate e anche quasi montane, purché bene soleggiate e riparate dai venti freddi.

Comportamento rispetto alla moltiplicazione per innesto: s'adatta bene al" 420 A" e al "Kober 5 BB", meno bene alla "Rupestris du Lot".

Utilizzazione

Esclusivamente per la vinificazione, per tutte le sotto-varietà.