da "Raboso piave", in Principali vitigni da vino coltivati in Italia - Volume I, Ministero dell'Agricoltura e delle Foreste, 1960
Sinonimi (ed eventuali errati)
Raboso nostrano e fors'anche "Rabiosa" (per errore) un tempo in provincia di Treviso; "Friulara" o "Friularo di Bagnoli" in provincia di Padova; "Rabosa friulara" e "Cruaja" (per errore) nel Vicentino. Il nome di "Friularo" dato - secondo Poggi impropriamente - nel Padovano al "Raboso Piave" fa pensare all'importazione dal Friuli di quel vitigno, ciò che del resto risulterebbe anche da quanto afferma Marescalchi. Scrive infatti quest'autore: "da un prospetto del signor Pietro Sette, pubblicato nella statistica agraria dell'anno 1867, risulta che la "Friulara di Bagnoli" fu introdotta nella provincia di Padova da oltre un secolo e mezzo dalla famiglia De Vidimali che dal Friuli la trapiantò nella Villa di Bagnoli, dove vegeta a meraviglia". Da notare che vi fu un tempo in cui si attribuiva il nome di Friuli a tutto il territorio che arriva sino al Piave: "il Friuli storico stendesi dal Piave all'Arse, dal Dravo all'Adriatico; il Friuli geografico o naturale s'allarga dal Livenza al Timavo...", scrive G. Ciconj. E più avanti (op. cit., p. 289): "... il ducato Forogiuliano si allargò ad occidente fino al Piave (667), come sembra che a levante si estendesse nell'Istria sino a Fiume", per quanto negli "errori intorno al Friuli" (op. cit., p. 598) questo stesso autore, commentando un precedente lavoro nel quale Oderzo veniva compreso nella "terra del Friuli", scrive che quel comune "mai gli spettò e fu sempre come adesso nel Trevisano". Il nome di "Raboso" potrebbe invece derivare da un toponimo per quanto nella zona dove oggi scorre il torrente Raboso, affluente del Piave, non si trovi traccia del vitigno di cui trattasi. Tenuto però conto della forte acidità di cui è caratterizzata, anche a perfetta maturazione, l'uva di "Raboso Piave", è più probabile che il nome di "Raboso" derivi dalla voce dialettale "rabiosa" adoperata per indicare un frutto poco gradevole. Questa ipotesi potrebbe trovare conferma nella sinonimia tra "rabose, rabosine e rabióse" citata da Pirona. Per distinguere poi questo vitigno da altri "Rabosi" (o "rabiosi", tra cui uno a frutto bianco coltivato nella parte collinare della provincia di Treviso situata ad occidente del Piave), la denominazione base potrebbe essere stata completata dal nome del fiume - il Piave - lungo il quale la coltura si era andata maggiormente diffondendo. La perfetta identità tra "Raboso Piave" e "Friularo" è stata più volte controllata negli stessi luoghi di coltivazione ed in quella circostanza venne pure constatato che la distinzione tra "pécol rosso" attribuita al primo e "pécol verde" al secondo non è né costante né specifica. Premesso dunque che "Raboso Piave" e "Friularo" rappresentano un unico vitigno - come del resto era stato segnalato da Carpenè fin dal 1873 e successivamente confermato da vari altri autori, tra cui Marzotto, Dalmasso e Miotto - non ci sembra fuori di luogo ammettere che le eventuali minime differenze morfologiche, talvolta riscontrabili tra i due vitigni in qualcuno dei loro organi aerei, siano più che altro dovute all'ambiente alquanto diverso nel quale essi vivono ed alla diversa forma di coltura. Il "Raboso Piave" ha infatti la sua patria di elezione nei terreni alluvionali, ciottolosi e siccitosi; il "Friularo" si coltiva invece nelle terre piuttosto pesanti o decisamente argillose, compatte, fertili; il primo poi si alleva secondo il classico sistema a "raggi", spesso in consociazione al gelso (sistema ideato dai F.lli Bellussi, emeriti viticoltori dell'attuale zona del "Raboso Piave"), il secondo invece a "cassone" su tre "rotaie" distanti tra loro m 1,20-1,50 ed a palo secco. Con troppa facilità si considerano viceversa ancor oggi dai pratici come caratteri distintivi, nell'ambito di una stessa varietà in senso orticolo - per cui si vorrebbero intravvedere altrettante sottovarietà - quelle che, invece, sono soltanto delle semplici variazioni morfologiche dovute all'ambiente: fenomeno sul quale già Pulliat e Di Rovasenda avevano richiamata l'attenzione dei viticoltori vari decenni or sono. Nel corso di indagini ampelografìche compiute da uno di noi (op. cit.) sui "Rabosi" (i quali, come vedremo, sono 2: il "R. Piave" ed il "R. Veronese"), si è voluta accertare l'eventuale loro similitudine con altri vitigni con i quali sembrava esistere qualche punto di contatto, e precisamente con il "Frappato di Vittoria", diffuso specialmente in provincia di Ragusa, con l'"Aglianico" o "Aglianico del Vulture", coltivato in Campania e Basilicata ed infine con la "Fogarina" o "Fogarina di Gualtieri" diffusa soprattutto lungo il Po in provincia di Reggio Emilia. Da tali osservazioni è emerso che nessuno di questi tre vitigni può essere identificato con il "Raboso Piave". Viceversa non ci è stato possibile controllare nel Vicentino la rispondenza tra "Raboso Piave" e "Cruaja": sinonimo quest'ultimo ricordato per la prima volta da Benedetti in una monografia pubblicata vari anni fa dal Ministero dell'Agricoltura. Abbiamo però voluto interpellare un esperto viticoltore di quella provincia, il cav. E. Ghiotto, il quale ha escluso nel modo più categorico che la "Cruaja", di cui esisterebbe ancora qualche raro esemplare, possa essere considerata non solo identica, ma neppure confondibile con il "Raboso Piave". Mentre poi uno di noi aveva sospettato che il nome di "Cruaja" potesse derivare dal vocabolo dialettale veneto crua = cruda (per immatura, acerba) e ciò in considerazione del fatto che il "Raboso Piave" è, come sarà detto più avanti, di maturazione alquanto tardiva e talvolta imperfetta, lo stesso cav. Ghiotto ci ha fatto viceversa sapere che quel nome sarebbe stato attribuito per la presenza di acini piccoli e verdi (impallinati).
Descrizione Ampelografica
Per la descrizione di questo vitigno si è usufruito di un clone di "Raboso Piave" esistente presso la collezione ampelografica della Stazione sperimentale di Viticoltura e di Enologia di Conegliano. I caratteri rilevati nella predetta collezione sono stati confrontati con quelli riscontrati sul "Raboso Piave" coltivato in altre località della provincia di Treviso (Mareno, Vazzola, ecc.) e sul "Friularo" diffuso in provincia di Padova (Conselve, Bagnoli, ecc.).
Germoglio di 10-20 cm
Apice: quasi globoso, verde biancastro, cotonoso.
Foglioline apicali (dalla 1a alla 3a): bianche, un po' verdastre sulla pagina inferiore lungo le nervature, feltrate, piegate a gronda.
Foglioline basali (dalla 4a in poi): verde chiaro superiormente, grigiastre inferiormente, qualche pelo o pubescenti sulla pagina inferiore, spiegate oppure un po' a gronda; pentalobate con seni non molto profondi; dentatura rada, seno peziolare a U con i lembi che spesso si toccano. I germogli di 7-8 cm sono tipicamente rivestiti di fitto tomento bianco, tanto che visti ad una certa distanza sembrano ricoperti di neve; dal loro esame è però difficile distinguerli da quelli del "Raboso Veronese", dai quali diversificano per avere questi ultimi l'apice qualche volta provvisto di sfumature rossastre o rosso-violacee. La differenza diventa però più palese nei germogli di 12-15 e più cm di lunghezza.
Asse del germoglio: curvo.
Germoglio alla fioritura
Apice: espanso, biancastro, cotonoso.
Foglioline apicali: biancastre o giallastre con denti bronzei; cotonose; spiegate o un po' a doccia.
Foglioline basali: il colore sulla pagina superiore passa gradatamente dal biancastro (per il tomento) al verde giallastro e al verde oro, mentre su quella inferiore rimane bianco grigiastro; sublanugginose superiormente; inferiormente il tomento gradatamente dirada dalla quarta fogliolina in poi; sulla pagina inferiore il tomento lungo le nervature principali è di tipo lanuginoso, raramente frammisto a qualche setola (mentre nel "Raboso Veronese" è fittamente vellutato). Nella forma, le foglioline dalla quarta in poi risultano abbastanza frastagliate, ma non come nel "Raboso Veronese" e con denti e lobi meno acuti che non in questo vitigno; il picciolo è leggermente pubescente. Se dai caratteri dei germogli di 10-20 cm, è già possibile distinguere il "Raboso Piave" da quello "Veronese", ancor più facile riesce esaminando il germoglio alla fioritura, in quanto il colore ed il tomento dell'apice e delle prime foglioline nonché la diversa frastagliatura che presentano le foglie successive, offrono maggiori possibilità ancora (v. "Raboso Veronese").
Asse del germoglio: leggermente curvo verso l'estremità.
Tralcio erbaceo: a sezione trasversale circolare e un po' ellittica; contorno liscio, glabro; colorato in verde con riflessi dorati e qualche volta bronzei su una metà.
Viticci: distribuzione intermittente (formula 0-1-2-0-1-2-...), bifidi, di colore verde con riflessi dorati o bronzei da un lato.
Infiorescenza: lunga 10-15 cm, cilindrica, alata (di rado composta).
Fiore: ermafrodita regolare (con stami un po' più lunghi del pistillo); vitigno autofertile.
Foglia: pentagonale-orbicolare, un po' allungata (lobo mediano lanceolato), di grandezza media, tri-quinquelobata, qualche volta eptalobata (talvolta anche quasi intera nella parte basale del tralcio); seno peziolare (a lembo steso) a V aperto, con seni laterali superiori mediamente profondi, a clava, con bordi che si toccano oppure no; seni laterali inferiori poco profondi, a V; lembo un po' ondulato e bolloso; lobi mediamente marcati, un po' lanceolato quello terminale, con bordi revoluti; angolo alla sommità dei lobi superiori piuttosto acuto; pagina superiore verde, glabra, un po' opaca; pagina inferiore grigio-verde chiaro, provvista di leggero feltro sul lembo e di lanuggine mista a setole sulle nervature; nervature verdi superiormente, parzialmente rosse all'inserzione e appariscenti sulla pagina inferiore; denti poco pronunciati, irregolari, a margini convessi, mucronati.
Picciolo: sottile, corto, leggermente violaceo o rosato, talvolta con qualche setola; sezione trasversale con canale non evidente.
Colorazione autunnale delle foglie: tendono ad assumere una colorazione rosa (che viceversa si nota difficilmente nel "Raboso Veronese").
Grappolo a maturità industriale: di grandezza media, compatto, spesso un po' ricurvo; lungo 15-20 cm, di forma cilindro-piramidale (talvolta tronco-conica), alato con 1 o 2 ali, di rado composto; peduncolo visibile, per quanto risulti un po' corto, legnoso; raspo mezzano, grosso; pedicelli corti, verdi dapprima e rossastri alla maturazione del frutto; cercine mediamente evidente, bruno-violaceo; pennello corto, rosso vinoso. L'acino è ben saldato al pedicello.
Acino: medio, sferoide (un po' allungato), di forma regolare, sezione trasversale circolare; buccia molto pruinosa, bleu-nero, spessa, coriacea, astringente, ombelico sporgente e persistente; polpa un po' carnosa, di sapore semplice, dolce, acidulo, astringente; succo incolore.
Vinacciolo: numero medio 2-3 per acino, di grandezza media, piriforme.
Tralcio legnoso: lunghezza media 1,50-2 metri, abbastanza robusto, con femminelle; sezione trasversale un po' ellittica, superficie liscia con leggere striature; nodi evidenti, meritalli corti (cm 7-8), di colore grigio nocciola, nodi di colore più chiaro; gemme coniche, sporgenti.
Tronco: robusto.
Fenologia
Condizioni di osservazione: Si considerano quelle riguardanti la collezione della Stazione sperimentale di Viticoltura e di Enologia di Conegliano, nella quale il clone è stato introdotto.
Ubicazione
Longitudine: 12° 17' E (Greenwich);
Latitudine: 45° 53' N;
Altitudine: m 110 s.l.m.;
Esposizione: a mezzogiorno, orientamento dei filari est-ovest;
Portinnesto: "Berlandieri X Riparia 420 A";
Età delle viti: anni 15;
Sistema di allevamento: a media espansione;
Forma di potatura: Sylvoz;
Terreno: pedecollinare, argilloso-calcareo, piuttosto pesante e profondo.
Varie: zona saltuariamente soggetta a grandinate; rari i forti geli invernali; rarissime le gelate primaverili.
Fenomeni vegetativi
Germogliamento: precoce.
Fioritura: media.
Invaiatura: media.
Maturazione dell'uva: tardiva.
Caduta delle foglie : tardiva.
Caratteristiche ed Attitudini colturali
Vigoria: notevole, per cui esige potatura lunga e ricca (lo si alleva infatti "a raggi" nel Trevigiano ed "a cassone" nel Padovano);
Produzione: abbondante e costante; non va soggetto a colatura ed acinella un po' soltanto nelle annate avverse.
Posizione del primo germoglio fruttifero: 2°-3° nodo.
Numero medio di infiorescenze per germoglio: 2.
Fertilità delle femminelle: scarsa.
Resistenza ai parassiti ed altre avversità: ottima al marciume (nelle buone annate l'uva si può conservare a lungo sulla pianta), buona all'oidio ed abbastanza buona alla peronospora; il suo germogliamento precoce lo rende più vulnerabile di altri vitigni alle eventuali brinate primaverili; le tignole in qualche anno danneggiano l'uva, perché la lotta contro la 2a generazione è resa un po' difficile a causa della compattezza del grappolo.
Comportamento rispetto alla moltiplicazione per innesto: discreto, in quanto l'attecchimento degli innesti al tavolo non è dei migliori.
Utilizzazione
Esclusivamente per la vinificazione.