Pelaverga
di R. Carlone
da "Pelaverga", in Rivista di Viticoltura ed Enologia, Anno XV, n. 11, 1962

Sinonimi (ed eventuali errati)

Di questo vitigno si hanno parecchi sinonimi, quali "Caleura" e "Calora" nel Vogherese, "Carola", "Uva Coussa " (Astigiano) e "Fra Germano", oltre a quelli in cui varia lievemente l'ortografia come "Peilaverga", "Pela verga" oppure "Pelaverga di Saluzzo", "Pelaverga nera", ecc. (Molon, 1906). Controversa è invece l'identità con il "Cari", un vitigno coltivato nel Chierese, nelle vicinanze di Torino, identità data per certa da Di Rovasenda (1877, 1879) e da Portes et Ruyssen (1899). Anche nel Boll. Amp. XIX (1879) si afferma che la "Pelaverga di Saluzzo" è identica al "Cari", in contrasto con quanto è riportato nel Boll. Amp. VIII (1877) in cui la "Pelaverga" è data per diversa dal "Cari". De Maria e Leardi (1875) affermano che il "Cari" è della famiglia della "Pelaverga di Saluzzo", e così pure secondo Nuvolone (1798), mentre Incisa (1852) li ritiene senz'altro differenti. Come si vede sussistono non poche discordanze sulla identità della "Pelaverga" e del "Cari"; in questo studio si è riscontrato che essi in effetti molti caratteri sembrano simili, ma poiché per altri differiscono alquanto, riteniamo sia meglio considerarli due distinti vitigni.

Descrizione Ampelografica

Lo studio e la descrizione del vitigno sono stati eseguiti su un clone esistente in zona collinare a Torino, nel vigneto sperimentale di Superga dell'Osservatorio Piemontese di frutticoltura "A. Geisser", completati da osservazioni effettuate nei vigneti della zona tipica di coltivazione, a Brondello nella Val Bronda.

Germoglio di 10-20 cm

Figura 1: Apice di Pelaverga.

Apice: globoso, cotonoso, di colore bianco con sfumature ed orlo carminato.

Foglioline apicali (dalla 1a alla 3a): spiegate, cotonose, bianche con orlo bronzato.

Foglioline basali (dalla 4a in poi): piegate a gronda, cotonose, di colore verde chiaro con sfumature ramate.

Asse del germoglio: tendenzialmente eretto.

Germoglio alla fioritura

Apice: espanso, ricoperto di lanuggine, colore bianco con orlo carminato.

Foglioline apicali: piegate a coppa o a gronda, lanugginose, con orlo carminato.

Foglioline basali: spiegate, di color bianco con sfumature bronzate, lanugginose.

Asse del germoglio: ricurvo.

Tralcio erbaceo: a sezione trasversale circolare, oppure lievemente costoluto; tomento parzialmente diffuso, aracnoideo, colore verde-rosato parzialmente diffuso da un lato.

Viticci: generalmente bifidi; lunghi, grossi, di colore rosso vinoso da un lato.

Infiorescenza: grandezza media, conico-cilindrica.

Fiore: globoso o piriforme di grandezza media, ermafrodita, autofertile.

Figura 2: Foglia di Pelaverga.

Foglia: media, pentagonale, quinquelobata; con seno peziolare a lira chiusa; seno laterale superiore a lira, talvolta chiusa; seno laterale inferiore a U aperto; lembo piano o leggermente piegato a gronda con superficie bollosa; pagina inferiore leggermente tomentosa, di colore verde chiaro con nervature parzialmente rosse; pagina superiore glabra di colore verde cupo con nervature parzialmente rosse; denti molto irregolari, concavi da un lato, convessi dall'altro.

Picciolo: lungo e di grossezza media, leggermente tomentoso, di colore verde-rosso vinoso; sezione trasversale con canale poco evidente.

Portamento della vegetazione: espanso o lievemente eretto.

Figura 3: Grappolo di Pelaverga.

Grappolo a maturità industriale: di grandezza media o medio-grossa (lunghezza di circa 18 cm); aspetto mediamente compatto con forma conica, alato con 1 o 2 ali; peduncolo visibile, da verde a semi-legnoso.

Acino: grosso, sferoide di forma regolare, ma talvolta anche irregolare, sezione circolare, ombelico persistente, buccia pruinosa di colore rosso-violetto, di media consistenza, succo incolore e polpa succosa, liquescente, di sapore neutro; pedicello medio o corto di colore verde che si separa facilmente dall'acino; cercine evidente di colore verde; pennello medio o grosso.

Vinaccioli: 2 per acino, piriformi di grandezza media.

Tralcio legnoso: lungo, abbastanza robusto, non molto elastico; corteccia ben aderente, striata, di colore nocciola, sezione lievemente ellittica; nodi un poco appiattiti, con gemme rotonde e molto sporgenti; internodi di lunghezza oltre la media, glabri.

Tronco: molto vigoroso.

Fenologia

Condizioni d'osservazione: il clone descritto è situato sulla collina di Superga nel comune di Torino, nelle seguenti condizioni.

Ubicazione

Longitudine: 4°47' O (Monte Mario).

Latitudine: 45°4' N.

Altitudine: m. 500 s.l.m.

Esposizione: Sud-Est.

Portinnesto: 420A

Età viti: 6 anni.

Sistema di allevamento: tipo Guyot.

Terreno: collinare di medio impasto (argilloso-calcareo).

Fenomeni vegetativi

Germogliamento: prima decade di Aprile.

Fioritura: prima decade di Giugno.

Maturazione dell'uva: prima decade di Ottobre.

Caduta delle foglie: prima quindicina di Novembre.

Caratteristiche ed Attitudini colturali

Vigoria: il vitigno si adatta a zone in pendio con altitudine sui 300-400 metri e soleggiate, dove i grappoli possono raggiungere la buona maturazione, altrimenti gli acini, nelle annate in cui il periodo tra la fine di Settembre e i primi di Ottobre trascorre piuttosto freddo, non acquistano il bel colore violaceo-nerastro, ma rimangono alquanto rossicci; il sistema di allevamento più diffusamente adottato è il Guyot, ma anche gli altri non si discostano molto da questa forma di potatura.

Produzione: la "Pelaverga" è robusta e anche molto fertile e sono queste sue caratteristiche che spesso non consentono una perfetta maturazione, anche nelle migliori esposizioni; qualche viticoltore per favorire la sua maturazione pratica una leggera spuntatura dei tralci in Luglio.

Posizione del primo germoglio fruttifero: 2°-3° nodo.

Numero medio di infiorescenze per germoglio: 1-2.

Fertilità delle femminelle: scarsa.

Resistenza alle avversità: normale alle crittogame.

Comportamento rispetto all'innesto: ottimi portinnesti si sono dimostrati tanto il 420A quanto il Kober 5BB, ma questo ultimo è il soggetto ora maggiormente favorito dai viticoltori.

Utilizzazione

[...] La massima destinazione dell'uva è quella del consumo diretto [...].